Chiesa di San Stae
La chiesa attuale fu riprogettata da Domenico Rossi. La costruzione della facciata gli fu affidata nel 1709; essa ha la forma di un tempio, con un imponente frontone triangolare, sostenuto da colonne che poggiano su alti piedistalli. Tipicamente barocca è la ghimberga a timpano spezzato sul portale d'ingresso.
Furono qui tumulati due dogi: Alvise II Mocenigo nel 1709, sotto la grande lapide al centro della chiesa; e Marco Foscarini nel 1763, nella cappella di famiglia.
L'interno, opera tardo secentesca con reminiscenze palladiane dell'architetto Giovanni Grassi, ha pianta ad unica navata e tre cappelle aperte su ciascun lato; al centro della chiesa una vasta pietra tombale segna il sepolcro della famiglia Mocenigo. Iniziando da destra, sui tre altari in successione si incontrano opere significative di Nicolò Bambini, Giuseppe Camerata e Antonio Balestra, quest'ultimo a decorare la cappella della confraternita dei "tiraoro e battioro" la cui scuola è adiacente la chiesa. Le tre cappelle a sinistra ospitano invece nell'ordine opere di Giuseppe Torretto e Pietro Baratta (Cappella Foscarini), di Francesco Migliori (L'Assunta, post 1722) e di Jacopo Amigoni (I Santi Caterina e Andrea, 1719). Il presbiterio ha la decorazione pittorica più significativa: sul soffitto troviamo una vasta tela di Bartolomeo Letterini (Le Virtù e due confratelli della Scuola del Santissimo, 1708), mentre alle pareti, sopra e sotto a due tele di Giuseppe Angeli (Sacrificio di Melchisedech e Caduta della manna, dopo il 1770), possiamo ammirare dodici tele di dimensioni minori che hanno per soggetto gli Apostoli e che furono realizzate grazie al lascito testamentario di Andrea Stazio (morto nel 1722).Tra queste spiccano capolavori assoluti quali il Martirio di San Bartolomeo (1722), opera giovanile di Giambattista Tiepolo, San Giacomo Maggiore (1717) di Giambattista Piazzetta e San Pietro liberato dal carcere (1717-24) di Sebastiano Ricci. Interessanti anche alcune opere conservate in sacrestia, tra le quali la Crocifissione di Maffeo Verona (sec. XVII), L'imperatore ordina di sacrificare agli idoli (1722) di Giambattista Pittoni e Sant'Eustachio in prigione di Bartolomeo Litterini (sec.XVIII).