Palazzo Flangini
Si dice che il palazzo sia rimasto incompiuto perché uno dei due fratelli che l’ereditarono, per dispetto all’altro, fece distruggere l’ala di sua pertinenza, tagliandolo così a metà. La realtà, molto più semplice e prosaica, è che all’antico proprietario mancarono i fondi e che non riuscì ad acquistare l’area vicina necessaria al completamento.
È praticamente il primo palazzo autenticamente monumentale che si incontra sul Canal Grande, sul lato sinistro, andando dalla ferrovia verso Rialto e San Marco. La sua facciata risalta perché è stretta e lunga, apparentemente incongrua ed effettivamente questo edificio, la cui realizzazione è attribuita all’architetto Giuseppe Sardi dallo storico dell’arte settecentesco Tommaso Temanza (ma c’è chi pensa invece a Baldassarre Longhena), doveva, in realtà, essere molto più largo. Se si guarda con attenzione è evidente l’asimmetria del prospetto (si osservi il portale d’acqua spostato molto a sinistra e l’assenza, sulla destra, di una quinta apertura della polifora e della monofora più laterale) e si noterà anche come la colonna della quadrifora sia solo una mezza colonna.
L'edificio, che realisticamente si può dire terminato negli anni 1664-82, si segnala per una facciata particolarmente ricca, con un maestoso portale d’acqua (abbellito ulteriormente da due splendide figure maschili languidamente appoggiate sull’arco), due piani nobili con quadrifore e monofore laterali, sostenute da robusti fusti di semicolonne ioniche e composite, unite da balconi continui aggettanti e decorate con teste in chiave d’arco (si vedano soprattutto quelle del secondo piano coperte da spiritosi elmi piumati, forse dovute alla mano felice dello scultore Bernardo Falcone). Di un qualche pregio anche il mezzanino superiore, sostenuto dalle grandi mensole di ispirazione sansoviniana che però è certamente di epoca successiva, in quanto più di una riproduzione settecentesca mostra al suo posto tutta una serie di piccole aperture ovali. Si noti come l’ignoto architetto di questo intervento abbia cercato di dare maggior simmetria alla facciata, operando in modo molto semplice, ma molto intelligente, chiudendo cioè la seconda apertura da sinistra e dando così perfetto equilibrio alla sua esecuzione. L’incompiutezza del palazzo si rileva anche dalla sua pianta interna che, progettualmente, prevedeva il solito salone passante veneziano posto al centro, ma che qui è diventato, per forza di cose, laterale. L’interno è molto ben conservato con stucchi barocchi e tele coeve, a dimostrazione di un’unica regia che sovrintendeva sia alla realizzazione dell’edificio, sia al suo decoro.
Fin dal 1310 i Flangini, nobili di Cipro, diedero a Venezia molti eroici uomini di mare e tutti della tempra di quel Ludovico (1677-1717) che, dopo aver arditamente attaccato la flotta ottomana nei Dardanelli, mortalmente ferito, si fece portare sul càssero per continuare a dirigere la battaglia che già infuriava da due giorni. Solo quando la vittoria arrise ai veneziani egli si accasciò, morto.
La famiglia Flangini, ammessa con Girolamo Flangini al patriziato veneziano “per soldo” nel 1664, si estinse nel 1804 con la morte del cardinale Lodovico Flangini, patriarca di Venezia, e con il trasferimento di ogni bene a Giulio Panciera, marito di una delle figlie del cardinale. Non si pensi a chissà quale scandalo! Lodovico Flangini era regolarmente sposato e aveva avuto anche delle figlie, ma rimase vedovo molto presto e, già devotissimo, decise allora di prendere gli ordini sacerdotali. Alla famiglia l’imperatore Federico III concesse il titolo comitale.
Attualmente il palazzo è diviso in diverse proprietà private.A seguito di un importante restauro, l’androne e il portego del palazzo sono stati presi in gestione dalla società Valorizzazioni Culturali con lo scopo di restituirgli il meritato riconoscimento storico-culturale attraverso la produzione di eventi e mostre d’arte. Il restauro ha riportato a nuova vita le splendide decorazioni barocche della facciata e dell’interno, gli stucchi e le preziose porte dipinte del Settecento e infine tutte le decorazioni parietali ottocentesche, compresi i cicli di dipinti che compongono la quadreria del salone centrale.