Palazzo Smith Mangilli Valmarana
In realtà si deve parlare di vera e propria ricostruzione perché niente è rimasto del vecchio e cadente edificio Trevisàn Ceffis; il progettista incaricato dei lavori fu l’amico e più volte collaboratore Antonio Visentini (architetto, pittore e incisore), che, a causa di una vertenza legale con i vicini Michiel potè avviare il cantiere solo nel 1748, per portare a termine la facciata nel 1751; ancora un paio d’anni e la dimora sul Canal Grande poteva dirsi conclusa. Lo Smith morì nel 1770 (nel frattempo aveva venduto quasi tutto: la collezione di quadri e incisioni alla corte inglese per l’enorme cifra di 320.000 ducati, la sua ricca biblioteca, le sue attività commerciali, la villa in quel di Mogliano ecc.), il palazzo passò alla vedova, che lo vendette a sua volta al conte Giuseppe Mangilli nel 1784, che finanziò nuovi restauri e interventi ad opera dell’architetto Giovanni Antonio Selva, l’architetto della Fenice. Fu quest’ultimo che, distruggendone le studiate proporzioni, sopraelevò il palazzo del secondo e terzo piano e che ridisegnò gli interni in modo che assumessero il bell’aspetto neoclassico che ancora oggi conservano. L’edificio fu poi Valmarana, antica famiglia nobile vicentina, aggregata al patriziato veneziano “per soldo” nel 1658.
La bella fabbrica oggi mostra la sua lineare facciata impreziosita soprattutto dalla balaustra che corre lungo il Canal Grande, dal portale arcuato con timpano triangolare e dalle cinque finestre del primo piano - quella di centro sormontata da un arco a tutto sesto, quelle laterali da cornici a timpano - intervallate da coppie di lesene e, al centro, da colonne con capitello corinzio. Sopra la linea delle finestre del primo piano corre una trabeazione con timpano curvilinea al centro. Sul retro un bel giardino preserva l’edifico dai rumori e dal chiasso della sempre affollata Strada Nova.