Fin dal secolo XIII erano molto numerosi i “tedeschi” presenti a Venezia (da intendersi più genericamente come mercanti d’oltralpe), che vi giungevano per scambi e commerci, ragion per cui il Senato assegnò loro questa sede sul Canal Grande, vicinissima all’area di Rialto, cioè il cuore mercantile della città, allo scopo di poter meglio esercitare il controllo sulle loro attività, ponendo, inoltre, una serie di regole che gli ospiti erano tenuti ad osservare: qui essi dovevano abitare durante la loro permanenza a Venezia e tenervi le merci, sia quelle portate dall’estero che quelle acquistate in loco. Al Fondaco dei Tedeschi presiedevano tre patrizi che avevano il titolo di “vi- sdomini”. Vi erano inoltre un pubblico pesatore delle merci, due ragionieri, e un fontegajo, o custode. Ogni anno, alla vigilia di Natale e nell’ultimo giorno dell’anno, il fontego veniva visitato dal clero di San Bartolomeo che vi si recava in solenne processione. Marin Sanudo, famoso cronachista veneziano, ci narra delle molte e fastose feste che si tennero in questo palazzo dove, nei secoli XVI e XVII, era usanza tenere, nei tre giorni e nelle tre notti antecedenti all’apertura del carnevale, affollati balli pubblici mascherati. Questo edificio venne ampliato nel 1300 con l’acquisizione delle case di proprietà della famiglia Polani. Nel 1505 l’edificio fu distrutto da un violento incendio che lo ridusse in cenere e allora il Senato, collocati provvisoriamente i mercanti “tedeschi” nelle case dei Lippomano a Santa Fosca, decretò che fosse ricostruito e nel 1508 i lavori erano già terminati. Si è discusso a lungo sulla paternità del progetto di questo nuovo fondaco; per molto tempo si pensò che fosse opera di Pietro Lombardo, poi, venuta in luce una più seria documentazione, esso è stato attribuito all’opera di Giorgio Spavento e dello Scarpagnino che probabilmente lo eseguirono seguendo anche alcuni suggerimenti di Girolamo Tedesco, portavoce dei mercanti stessi. La facciata sul Canal Grande di questo massiccio quadrilatero richiama con forte caratterizzazione lo stile veneto-bizantino; appare inserita fra due torrette laterali (che furono livellate nei restauri ottocenteschi) ed è adornata da un grande portico centrale. Risulta quantomeno inconsueta la planimetria dell’edificio, impostata intorno al vasto cortile quadrato sul quale si affacciano quattro piani di belle e ariose logge che vanno degradando in altezza. Molto particolare la pavimentazione del cortile in cotto spinato che incornicia la bella vera da pozzo e messo in opera in maniera che, a prima vista, potrebbe dare l’idea di essere alquanto sconnesso: in realtà esso appare più sollevato al centro per permettere alle acque piovane di defluire verso i quattro punti di raccolta collocati in posizione, ovviamente, più bassa (anticamente il cortile era scoperto e il grande lucernario che possiamo vedere oggi fu installato soltanto nel 1937). Da notare l’iscrizione all’interno dell’atrio che reca incisa la frase: principatus Leonardi Lauredani incliti ducis anno sexto (1506), a testimoniare l’epoca di ricostruzione. Un bell’orologio solare ad una sola lancetta fa mostra di sé su un lato del cortile. Un tempo l'ingresso principale dell’edificio, oggi secondario, era quello che si trova nella calle del Fontego dei Tedeschi, al numero 5346, dove si può ammirare il bel portale d’ingresso ad arco a tutto sesto, inserito fra due semicolonne scanalate con capitelli corinzi e sovrastato dal classico emblema del leone di San Marco che regge il libro aperto, scolpito in bassorilievo.Molte ristrutturazioni interne furono eseguite nel XIX secolo, altre ancora negli anni Trenta del Novecento per permettere i nuovi utilizzi del palazzo che ospitò l’Ufficio della Dogana, poi le Poste Italiane ed ora si appresta a una nuova destinazione d’uso che lo convertirà in centro commerciale con vista panoramica sulla città: il Fondaco è stato acquistato dal gruppo Benetton nel 2008 per circa cinquanta milioni di euro e sarà l’architetto Rem Koolhaas a incaricarsi del massiccio intervento sul palazzo. Attualmente l’edificio si presenta quantomeno austero, ma un tempo esso si mostrava completamente affrescato da una serie di nudi allegorici, eseguiti dai grandi pittori Giorgione e Tiziano nel 1508, e dei quali sono rimasti solo pochi frammenti che ancora si possono ammirare presso le Gallerie dell’Accademia. Di recente è riapparso, in una collezione privata inglese, un frammento di questi affreschi che John Ruskin aveva acquistato durante i suoi soggiorni a Venezia.