Palazzo Cavalli Franchetti
Tuttavia le radici della storia del palazzo vanno legate alla famiglia Marcello del ramo di San Vidal che, all’inizio del Cinquecento, possedeva una grande dimora sul Canal Grande. Per tre secoli, le sue vicende sono state segnate dalla convivenza al suo interno dei diversi nuclei di famiglie proprietarie: ai Marcello si affiancavano, infatti, i Gussoni per via parentale e i Cavalli, che nel 1569 avevano acquistato un piano nobile, attraverso cessioni, spartizioni, eredità, durante questo lungo periodo, intervennero, com’è ovvio, con plurime modifiche strutturali e decorative che, se in linea di massima mantennero inalterato l’aspetto della facciata nel suo carattere originario gotico, portarono a cambiamenti della fabbrica sia nella pianta, sia nella volumetria. Nel 1780 nel palazzo il conte Alessandro Pepoli vi istituì l’Accademia dei Rinnovati per rappresentazioni teatrali e accademie di canto.
Dopo la caduta della Repubblica, negli anni Quaranta dell’Ottocento la proprietà passò all’arciduca Federico d’Austria il quale diede l’avvio ad un complesso e articolato progetto di lavori di ammodernamento che avrebbero dovuto condurre il palazzo a quella caratteristica di modernità che ne costituisce una sua peculiarità (ricordiamo che l’arciduca introdusse l’illuminazione a gas e dotò ogni stanza di stufe in maiolica). Ma l’arciduca Federico, morto prematuramente a soli 27 anni (1847), non ne vide la realizzazione. Dopo soli tre mesi la proprietà passò a Henri Charles Ferdinand d’Artois, conte di Chambord e con lui entrò nella storia del palazzo un personaggio particolare, che delle preferenze estetiche del conte sarà conoscitore e interprete e segnerà la stagione “francese” dell’edificio: l’architetto Giovanni Battista Meduna. Il complesso degli interventi del Meduna rese uniformi i corpi di fabbrica fino ad allora disomogenei e portò alla realizzazione del nuovo giardino laterale sul Canal Grande (prima l’area era occupata da uno squero). La terza guerra d’indipendenza, con la cessione di Venezia al Regno d’Italia nel 1866, segnò la fine della presenza del raffinato conte di Chambord e sarà un nuovo genere di nobiltà a scrivere il proprio nome nella storia di palazzo: il 9 febbraio 1878 il barone Raimondo Franchetti comprò per 200.000 lire italiane tutto l’edificio, che resterà della famiglia fino al settembre 1922, quando sarà ceduto all’Istituto Federale di Credito per il Risorgimento delle Venezie dalla vedova del barone, Sarah Luisa de Rothschild. A questo periodo e a questo palazzo viene associato il nome dell’architetto Camillo Boito.
Il maestro romano, ma veneziano di formazione, si esercitò sul tema del “gotico lagunare” nelle facciate (la facciata principale viene letteralmente smontata con successiva ricomposizione “corretta” con molti ed evidenti richiami al Palazzo Ducale) e nell’ala nuova, mentre il lussuoso arredo era stato affidato al decoratore Carlo Matscheg. Culmine e capolavoro dell’intervento boitiano è lo scalone sul lato nord dell’edificio, costruito come elemento a sé stante, tra il 1881 e il 1884, le cui rampe si riesce ad intravedere anche dall’esterno grazie all’ampia superficie finestrata, in una originale convivenza di citazioni medievali e colorate incastonature di marmi pregiati, festose decorazioni e rilievi di gusto già proiettate verso il liberty. Gli interni sono decorati da un insieme di pittura, scultura e arti applicate, in un tripudio di marmi, stucchi, vetri e tarsie. Il barone Alberto Franchetti (1860-1942) fu un eccellente musicista le cui opere godettero di molta popolarità ai suoi tempi. Egli donò a Venezia la sua splendida e ricchissima collezione d’arte, insieme con la Ca’ d’Oro che egli possedeva. A suo figlio Raimondo, nato nel 1891 e morto in un incidente aereo nel 1935, si devono importanti esplorazioni in Asia e Africa.
Nel settembre del 1999 il palazzo è diventato proprietà dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, che ne ha fatto, dopo nuovo restauro ad opera dell’architetto Alessandro Comin, il luogo strategico di un progetto culturale di vaste dimensioni che lo vorrebbe far diventare il fulcro di un centro di promozione, di confronto, di scambio di conoscenze, di idee, di esperienze culturali, scientifiche, artistiche. Oggi ospita, a livello dei due piani nobili, la Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia, il co.ri.la., il Consorzio delle Università venete per la Ricerca Lagunare, e uffici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Istituto Veneto di Lettere, Scienze ed Arti: http://www.istitutoveneto.it