Palazzo Venier dei Leoni (Collezione Peggy Guggenheim)
Era una famiglia non solo ricchissima, quella dei Venier, ma anche autorevole e politicamente molto potente. Uno dei suoi rami si trasferì a Candia partecipando poi, nel XIV secolo alla ribellione contro la Repubblica. Diede tre dogi, ambasciatori e amministratori. Il primo doge fu Antonio, detto Antoniazzo dagli intimi (1382-1400): nonostante avesse offerto alla città divertimenti per tutto il corso di un anno per celebrare la propria elezione, era un uomo duro e intransigente. Egli aveva un figlio, Alvise, esuberante e incline a ridere alle spalle altrui come tanti altri giovani, il quale però ebbe il torto di giocare una burla con mano troppo pesante: una mattina, quando il patrizio Giovanni delle Boccole aprì il suo portone di casa, vi trovò appesa la testa di un montone sfoggiante due magnifiche corna, il tutto accompagnato da scritte indecenti verso le donne di casa. Alle lagnanze dell'offeso fu aperta un'inchiesta e risultò che il colpevole era Alvise, il figlio del doge. Poiché la beffa era stata diretta a un altro patrizio, la condanna non fu severissima quanto avrebbe potuto essere se il colpito fosse stato un popolano, e Alvise fu condannato a 100 ducati di ammenda, a due mesi di carcere duro e al bando per dieci anni. Pochi giorni dopo essere stato rinchiuso nei pozzi, però, Alvise si ammalò gravemente e la famiglia e gli amici supplicarono il doge affinché sospendesse la pena fino a che il giovane si fosse rimesso. Ma, nel timore di essere accusato di nepotismo, il doge rifiutò e Alvise morì.
Il Venier che diede maggior lustro alla famiglia fu il prestigioso Sebastiano (1577-1578). Famoso avvocato, aveva ricoperto importanti cariche amministrative ed era stato anche duca di Candia per tre anni dal 1548, ma non aveva mai prestato servizio sulle navi, come usavano i giovani patrizi, né si era mai sognato di divenire un giorno comandante navale. Eppure fu proprio lui che nel 1571, quando già aveva 75 anni, affiancato dall'espertissimo Agostino Barbarigo, seppe condurre la flotta alleata alla sfolgorante vittoria di Lepanto, battendo la poderosa armata turca e dando a Venezia oltre mezzo secolo di pace. In quella battaglia, sotto armi spagnole, combattè pure Miguel de Cervantes, autore del Don Chisciotte, che vi perdette una mano.
Ritornato a Venezia carico di gloria, Sebastiano fu eletto poi al dogado per i suoi meriti nel 1577 e morì l'anno seguente. Un bellissimo monumento in bronzo lo ricorda nella basilica dei Frari.
Non si sa se per questioni economiche o se per altri motivi, la costruzione di palazzo Veneier dei Leoni, progettata da Lorenzo Boschetti nel 1749, fu interrotta a livello del basamento, interamente ricoperto in pietra d'Istria e con caratteri che chiaramente richiamano gli stilemi tipici del Longhena e del Sansovino. Il palazzo doveva diventare un edificio colossale, il modello in legno conservato al Museo Correr dà un'idea di come avrebbe dovuto essere. Il pianterreno in poderoso bugnato, con portico a triplice arcata al centro è preceduto da un'ampia riva d'approdo. Il popolo cominciò a chiamare "maifinìo" questo edificio, che deve il suffisso "dei leoni" al fatto che i Venier tenevano un leone chiuso in gabbia nel loro giardino (secondo altri, dalle teste dei leoni che lo ornano alla base, la cui forma particolare, con la bocca aperta rivolta verso l'acqua, serviva per l'ammarraggio delle funi delle barche).
Sulla sinistra esisteva un altro palazzo gotico dei Venier, detto "delle Torreselle", sostituito nell'800 dall'attuale, anonimo fabbricato, ora ospita la sede veneziana della prestigiosa Wake Forest University.
In ogni caso anche così, monca e approssimata, a questa dimora non mancarono di certo gli innamorati fra gli intellettuali e le dame del bel mondo che si facevano incantare soprattutto dal magnifico giardino, a partire dalla famosa marchesa Casati che voleva stupire i veneziani passeggiando in piazza San Marco con un leopardo al guinzaglio.
Ma il destino di questo edificio era quello di legarsi ad un'altra eccentrica signora, amante dell'arte moderna, della bella vita e degli uomini (artisti, amanti e mariti, che cambierà più volte nel corso della sua vita): Peggy Guggenheim.
Nata a New York nel 1898 da una ricca famiglia ebraica, dopo la morte del padre affondato a bordo del Titanic nel 1912, entrò in possesso di una cospicua eredità e divenne una delle donne più ricche d'America. Dopo un periodo di circa vent'anni trascorso tra Parigi e Londra, allora capitali d'arte e della cultura, s'introdusse negli ambienti trasgressivi di Montparnasse grazie al suo primo marito, Laurence Vail, un pittore dadaista. Qui divenne mecenate di artisti e collezionista di opere d'arte, avvicinandosi al surrealismo e all'astrattismo. Aprì una galleria d'arte a Londra, poi una galleria-museo New York continuando man mano la sua attività di collezionista, finché, nel 1948, fu invitata ad esporre la sua raccolta di dipinti alla Biennale di Venezia. Fu un enorme successo che fece grande scalpore e lasciò segni profondi negli ambienti degli artisti europei. Innamoratasi di Venezia, Peggy acquistò palazzo Venier nel 1949: qui ella trascorse il resto della sua vita, continuando a raccogliere opere d'arte che oggi fanno del parte del museo a lei intitolato e che proprio in questo edificio ha sede. Peggy Guggenheim morì nel 1979 e le sue ceneri sono conservate nel giardino del palazzo che lei lasciò in eredità alla Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York che nel 1983-1984 trasformò il palazzo in sede espositiva ora visitabile (il progetto per la sede espositiva fu ad opera dell'architetto Thomas M. Messer). Tra i maestri presenti nella raccolta: Picasso, Klee, Braque, Magritte, Kandinskij, De Chirico, Pollock, Giacometti, Vedova, solo per citarne alcuni.
Collezione Peggy Guggenheim: http://www.guggenheim-venice.it/
Wake Forest University: http://www.wakeforestvenice.com/