Palazzo Corner della Ca' Granda (Provincia, Prefettura)
Il nome stesso di questo edificio ci chiarisce subito una delle sue più evidenti caratteristiche: la sorprendente grandezza. Trionfalistico e imponente, la sua silhouette interrompe all'improvviso la unidimensionale continuità delle facciate sul Canal Grande, testimoniando, proprio con la sua mole inconsueta, l’intento di innovazione che il suo autore, il geniale architetto Jacopo Sansovino, volle concretizzare nella sua progettazione. Precedentemente, su questa stessa area, sorgeva il bel palazzo Malombra ben visibile nella pianta di Venezia cinquecentesca di Jacopo De Barbari; successivamente questo edificio fu acquistato da Giorgio Corner, fratello della più celebre e già citata Caterina, ma la sfortuna volle che esso andasse completamente distrutto in un terribile incendio di cui ci lasciò testimonianza scritta il celebre storico e diarista veneziano Marin Sanudo. Pare che il disastro fosse stato causato da un incidente occorso durante l’operazione di asciugatura di una partita di zucchero proveniente da Cipro e posta a seccare nel solaio, al calore delle braci, che provocarono poi un incendio presto diffusosi in tutto l’edificio. Morto Giorgio nel 1527, il figlio Giovanni, all’apice della propria fortuna politica ed economica, decise di affidare il progetto di una nuova fabbrica al già citato Jacopo Sansovino, protomagister di San Marco e già autore di prestigiosi edifici a Venezia, il quale aprì il cantiere nel 1533. Il celebre architetto, però, non portò a termine i lavori che furono invece completati da Vincenzo Scamozzi dopo il 1556.
Il Sansovino era arrivato a Venezia da Roma nel 1527 e ovviamente aveva portato con sé quelli che erano i canoni architettonici che si stavano affermando nella Roma papalina del tempo. Questi richiami si avvertono fortemente nel Palazzo Corner della Ca’ Granda, anche perché la scelta del progettista coincideva con la linea filopapalista seguita dalla famiglia committente. Romano, quindi, questo palazzo lo è soprattutto nell’idea di una scelta, che diviene strumentale alla celebrazione della casata Corner, rendendolo un caso unico nel contesto dell’architettura veneziana del tempo. E romano lo è per i tanti tratti architettonici che costituiranno una vera e propria piccola “rivoluzione” nella città lagunare. Possiamo affermare che il genio sansoviniano qui ideò un nuovo modello di palazzo veneziano, richiamandosi fortemente a quegli stilemi che, come già detto, andavano affermandosi a Roma: il basamento bugnato, i mensoloni a volute, l’ingresso a triplice arcata, i piccoli balconi inseriti nella luce delle finestre, i cornicioni, lunghissimi, che segnano l’andamento orizzontale della facciata e l’utilizzo di colonne binate poste ad intervalli precisi e che scandiscono la distribuzione regolare delle finestre nei piani nobili, eliminando in tal modo la tradizionale tripartizione del palazzo. La novità maggiore, però, sta nell’organizzazione della pianta intorno ad un grande cortile centrale, motivo che sarà completamente assimilato durante l’epoca del tardo barocco. Alla morte di Giovanni il palazzo non era ancora terminato, ma era già ben conosciuto e suscitava ovunque ammirazione per l’equilibrato senso di modernità che aveva apportato nel panorama lagunare. Oltre che per la bellezza esterna, la Ca’ Granda era famosa anche per la sontuosità degli interni, splendidi per la ricchezza dei decori e del mobilio. I Corner vi avevano man mano collocato anche una favolosa pinacoteca il cui catalogo poteva annoverare autori del calibro di Tintoretto, Raffaello, Tiziano e Jacopo Palma il Vecchio. Una bellissima vera da pozzo, opera dello stesso Sansovino, che era stata collocata nel cortile, oggi fa bella mostra di sé in campo Santi Giovanni e Paolo, e nel selciato della corte interna era stato ideato un tracciato in pietre rosse che costituiva una specie di labirinto, un gioco che divertiva gli ospiti nei momenti di festa.
Il palazzo rimase nelle mani della famiglia fino al 1812, quando Nicolò, penultimo discendente, lo cedette allo Stato. Nicolò, bizzarro personaggio appartenente alla massoneria e partigiano sfegatato della democrazia di impronta francese, era stato un membro della filonapoleonica Municipalità Provvisoria instaurata a Venezia nel 1797, dopo la caduta della Repubblica. È rimasto famoso un episodio verificatosi in occasione della sua morte che, pare, costò uno spavento terribile al povero Davide Zuliani, un fratello massonico confortatore e famoso chirurgo che, nell’avvicinarsi dell’ora suprema, gli stava accanto preso dalla compassione per l’amico morente che, ormai da quattro ore, era in coma profondo e non dava più segni di vita. Ma ecco che, all'improvviso, nel silenzio profondo della stanza, Nicolò balza sul letto abbracciando con forza Zuliani e gridando: «Davide, hai core? Andiamo all’inferno insieme!» e, dicendo queste cose, morì. Il malcapitato amico si ammalò gravemente di un’affezione nervosa cronica dovuta allo spavento subito e non si riprese più.
Uscito in tal modo di scena l’ultimo dei Corner, l’occupante governo austriaco fissò, nel 1814, nel palazzo la sede della Delegazione Provinciale, ossia della Prefettura, e anche lo Stato italiano ha ritenuto opportuno che questa bellissima dimora continuasse ad ospitare l’organo di governo periferico. Dispersi gli arredi originali e la splendida pinacoteca, gli ambienti, nonostante ospitino uffici, sono stati riarredati in modo consono alla dignità della Ca’ Granda.