Uno strano destino quello di questo insolito palazzo che svetta, bianco e composto, nell’ansa della seconda curva del Canal Grande. Nacque dalla fervida fantasia di un pittore toscano, Sebastiano Mazzoni, che lo disegnò per il suo committente Pietro Liberi, noto pittore anche lui, e, seguendo la ferrea legge dei corsi e ricorsi storici, non ha mai smesso di attirare, per l’appunto, pittori: ai primi dell’Ottocento fu abitato da Francesco Hayez, uno dei più geniali pittori veneziani del XIX secolo, il quale qui condusse molta parte della sua vita di donnaiolo e gaudente; più tardi, verso la metà di quello stesso secolo vi risiedette anche Lodovico Lipparini, noto per i suoi ricercati ritratti e per i dipinti ispirati alla ribellione e alla lotta contro i turchi e che in queste sale teneva accademie frequentate da artisti e letterati italiani e stranieri. Non meno movimentata era stata la vita del primo proprietario, il cavalier Pietro Liberi, nato a Padova e poi, giovanissimo, trasferitosi a Costantinopoli e a Mitilene, dove era stato fatto schiavo dagli ottomani.
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Il grandioso palazzo che oggi è sede del prestigioso Gritti Palace Hotel risale, con ogni probabilità, alla metà del Quattrocento, anche se più di uno studioso propende per una datazione, almeno nel suo primitivo impianto, ancor più antica e cioè trecentesca. Venne eretto da anonimo architetto per conto della ricchissima famiglia dei Pisani “del Banco” che lo mantenne fino al 1814 quando lo cedette a Camillo Gritti, discendente della antichissima e nobile famiglia veneziana. Il palazzo venne, però, molto presto da questi venduto alla baronessa Susanna Wetzlar che lo abitò e che, nel 1851, diede ospitalità a John Ruskin, intento alla stesura del suo The stones of Venice.
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Grande edifìcio di stile anonimo ma funzionale, appartenente in origine ai Querini. La lunga facciata è caratterizzata da una sequenza ininterrotta di semplici aperture rettangolari. Di antica discendenza romana, la famiglia Querini fu una delle ventiquattro famiglie "vecchie", tuttora esistente in alcuni dei vari rami in cui si divise. Troviamo fin dal Mille i nomi dei suoi membri che ricoprirono cariche importanti. Fu così illustre e autorevole da essere insignita del cavalierato ereditario. In seguito alla IV Crociata, un Giovanni divenne signore dell’isola di Stampalia, e qui i suoi discendenti rimasero fino all’occupazione turca del 1537.
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‘‘La biondina in gondoleta”..., protagonista della più famosa canzone veneziana, abitava qui! Era la nobildonna Marina Querini Benzon (1757-1839), quella alta e robusta signora che aveva scandalizzato Venezia ballando seminuda in piazza San Marco attorno all’albero della libertà, all’indomani della caduta della Repubblica, nel 1797.
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Grande edificio neorinascimentale, costruito probabilmente verso la fine del XIX secolo sull’area del preesistente, antico fondaco dei Persiani demolito per fatiscenza nel 1830. L’edificio a cinque piani è collocato sulla confluenza del rio del Fontego dei Tedeschi nel Canal Grande e presenta una facciata molto tradizionale, nella quale il bianco della pietra d’Istria che incornicia monofore e polifore, contrasta con il colore caldo del mattone. Notevole il grande portale d’acqua con arco a tutto sesto e le due piccole trifore laterali ad esso; sopra il portale notasi uno scudo Ruzzini, retto da un angelo, della seconda metà del Trecento.
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Fu detto dell’Ambasciatore perché vi abitò il diplomatico inglese Joseph Smith (1674-1770), console inglese a Venezia. Interessante personaggio quest’inglese: amante dell’arte, spregiudicato collezionista, colto bibliofilo ma anche affarista senza grossi scrupoli, che si arricchì enormemente sfruttando molte volte l’ingenuità delle sue controparti. Proprio l’acquisizione dell’allora diroccato palazzo che sorgeva sull’area, che era stato di proprietà dei nobili Trevisan ininterrottamente dal 1518 al 1666 e che da quell’anno era passato alla famiglia Ceffis, dimostra tutta la sua abilità nel carpire la buona fede altrui e ad organizzare trame per lui convenienti.
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L’eleganza delle proporzioni e degli elementi decorativi, dalle cornici del portale e delle finestre, ai riquadri del basamento e ai medaglioni, rende questo edificio uno dei più piacevoli della prima rinascenza. Fu eretto entro la prima metà del XVI secolo ed è attribuito a Sante Lombardo, figlio e nipote rispettivamente dei più famosi Tullio e Pietro. Nel 1760 Cecilia, figlia di Pietro Soranzo, sposò Girolamo Piovene portandogli in dote il palazzo. Oggi è sede della Guardia di Finanza.
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L'edificio risale alla seconda metà del ‘500 in quanto opera minore di Jacopo Sansovino (1486-1570), come testimona l’opera Contributi su Jacopo Sansovino di Rodolfo Gallo.
Il palazzo si presenta con una facciata molto semplice, qualificata al piano nobile da una serliana con poggiolo sporgente, affiancata da monofore arcuate.
Costruito nel XVII secolo, questo edificio è rimasto incompleto del settore di sinistra e ha subito dei rimaneggiamenti successivi. Presenta trifore arcuate, fiancheggiate a destra da coppie di monofore con balcone in aggetto.
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Questo palazzo, costruito all’inizio del XVII secolo su progetto attribuito a Bartolomeo Monopola in luogo di un’antica casa-fondaco dei Barozzi, è rimasto privo della parte sinistra. È caratterizzato da serliane in asse con il portale d’ingresso e da grandi mensole che sorreggono la cornice di gronda. Nel 1827 fu acquistato dai Treves che avviarono una completa ristrutturazione interna rendendolo uno dei più belli ed omogenei esempi di dimora neoclassica. Si costruì la specola,
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Palazzo archiacuto di epoca quattrocentesca, che si affaccia sul Canal Grande. L’edificio, che si sviluppa sul piano terra e su altri tre piani, è stato però completamente ristrutturato verso la fine dell’Ottocento ad opera dell’architetto Giovanni Laghi, che è intervenuto prima abbattendo una vecchia e bassa costruzione addossata alla sinistra, e poi ricostruendo ex novo tutta l’ala sinistra del palazzo, esattamente uguale all’ala destra, in modo che ora, osservando la facciata, si può notare una perfetta simmetria, che prima mancava del tutto (la quadrifora, ad esempio, era sposta nel vecchio edificio a filo del prospetto laterale).
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Semplice edificio, ora albergo Monaco, eretto nel XIX secolo sull’area del giardino del Ridotto Grande, cioè una pubblica casa da gioco che rimase aperta dal 1638 al 1774.
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Bella costruzione gotica eretta verso la metà del XV secolo dai Venier. Prospetta con due facciate di quasi analogo pregio, l’una sul Canal Grande, l’altra sullo spazioso campo del Traghetto. Gli elementi decorativi di maggior menzione sono, oltre alla riva d’acqua sulla quale insiste uno scudo gotico dei Venier, retaggio dell’antica proprietà, le due trifore con balconi aggettanti della facciata sul Canal Grande e le due quadrifore con balconi sul prospetto del campo.
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Ci sono a Venezia una sola Piazza e una sola Piazzetta, quelle di San Marco. La Piazza parte dalla facciata della Basilica e si estende nella vasta area circondata dalle Procuratie. La Piazzetta è quella che si affaccia sul Canale, cioè sul molo. Dal vaporetto si ha una visione d’insieme mozzafiato delle gemme di vario stile che compongono questo stupefacente angolo di Venezia: le classiche arcate della Libreria, l’altissimo campanile, la rinascimentale Torre dell’Orologio, le fiancate della Basilica bizantina, il gotico fiorito di Palazzo Ducale incorniciati dall’ingresso «fra finito e infinito», come disse Diego Valeri, delle due gigantesche colonne orientali.
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Costruzione aerea, tutta in pietra d’Istria, dei primi anni del Seicento, opera di Antonio Contin di Bernardino. È famoso per l’aura di terrore che gli diedero le leggende romantiche. Per secoli i prigionieri percorsero questo passaggio pensile che serviva da comunicazione fra le prigioni e gli uffici dei Magistrati in Palazzo Ducale, dove essi venivano giudicati. Attraverso la finestrella i condannati a morte avevano un’ultima visione della laguna.
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È curioso notare come coloro i quali godono di spirito pratico e sono lungimiranti, spesso non riescano a realizzare i loro progetti e anzi siano talvolta derisi dai conservatori di mente ristretta. Dalla Cronaca Magno veniamo a sapere che il 10 agosto 1488, su richiesta di Luca Tron provveditore del Comune, fu avanzata una proposta di fare due ponti sopra il Canal Grande, l’uno a Santa Sofia, l’altro alla Carità, ma che tutto il congresso ne rise e non fu neppure passata ai voti: perciò Rialto, più volte rifatto, continuò ad essere il solo ponte di Venezia. Dovevano trascorrere oltre quattro secoli prima che il sogno di Luca Tron si avverasse:
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Un ponte dalla forma arcuata con una campata di 81 metri, larghezza di 6 metri alla base e 9 al centro per un’altezza di 10 metri al culmine; la struttura è in acciaio, i pavimenti in vetro della Saint Gobain, pietra d'Istria e Trachite Grigia Classica di Montemerlo. Anche i parapetti sono in vetro, con corrimano in ottone. All'interno dei corrimano sono installate lampadine a led che dissipano il raggio di luce nei parapetti in vetro. La larghezza varia da 5,58 metri fino a 9,38 metri nella parte centrale. L'altezza varia da 3,20 metri sulle sponde fino a 9,28 metri nella parte centrale. L'arco centrale in acciaio, elemento strutturale del ponte ha un raggio di 180 metri.
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Fu dapprima un semplice pontone, in parte appoggiato su barche, che si chiamava "ponte della moneta" perché su quella che è ora la Riva del Ferro esisteva la prima Zecca veneziana. Esso venne costruito nel 1170 - secondo la leggenda - da quello stesso architetto Barattieri che riuscì poi a sollevare a San Marco le due alte colonne portate dall'Oriente dal doge Michiel. La crescente importanza del mercato di Rialto sulla sponda orientale del canale fece aumentare il traffico sul ponte galleggiante.
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È detto anche ponte della stazione o della ferrovia a causa della vicinanza della Stazione di Santa Lucia.Un primo ponte fu realizzato nel 1858 dall'architetto austriaco Alfred Neville sotto la dominazione asburgica, per migliorare l'accesso alla Stazione di Santa Lucia recentemente costruita. Si trattava di un ponte in ghisa a struttura rettilinea, molto simile a quello eretto pochi anni prima dallo stesso Neville all'Accademia. L'altezza limitata (4 metri) impediva il passaggio di imbarcazioni alberate e lo stile dichiaratamente "industriale" mal si conciliava esteticamente con le strutture circostanti. La ghisa inoltre cominciò dopo pochi anni a dare segni di cedimento strutturale in alcuni punti, per cui il Comune di Venezia fu costretto nei primi anni trenta a prendere una rapida decisione riguardo alla sua sostituzione.Il ponte in metallo venne pertanto sostituito da un nuovo ponte a singola arcata interamente in pietra d'Istria, su progetto Eugenio Miozzi (1889-1979). I lavori di costruzione iniziarono il 4 maggio 1932 e il ponte fu inaugurato appena due anni dopo, il 28 ottobre 1934.
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L’architetto delle Prigioni è quello stesso Antonio Da Ponte che costruì il ponte di Rialto. L’edificio severo, massiccio nei suoi blocchi di pietra istriana, eretto dal 1589 al 1614, era estremamente funzionale e costruito con criteri così umani che venne usato fino al 1926 a tale scopo. È collegato al Palazzo Ducale mediante il Ponte dei Sospiri. Le prigioni venivano regolarmente ispezionate dal capo dei Dieci a ogni entrata in carica, cioè ogni mese, e il magistrato redigeva subito un minuzioso rapporto. È interessante ricordare che fin dalle origini Venezia non si servì della legge germanica secondo la quale un accusato doveva provare la sua innocenza; al contrario era l’accusa che doveva provarne la colpevolezza. Dal 1376 una legge sanzionò l’uso in base al quale un nobile colpevole subiva una
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Anticamente “Case di Dio” (abbreviato in Ca’ di Dio) erano detti gli ospizi che offrivano accoglienza ai pellegrini che sostavano in attesa di raggiungere, via mare, il Santo Sepolcro in Terra Santa oppure, via terra, per lucrare le indulgenze a Roma (per la strada chiamata appunto per questo motivo Romea). Già alla metà del secolo XIII esisteva a Venezia un ospizio per pellegrini, sorto in questo tratto di fondamenta sul bacino San Marco, in un terreno di proprietà del monastero di San Zorzi Mazor, che era stato a questo scopo donato, nel 1254, dall'abate Marco Bollani a un tale Fra' Lorenzo. E’ dall’ora che si presume la riva abbia assunto il nome del prospettante ospizio.
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La Riva degli Schiavoni è una riva monumentale della città di Venezia. Si trova nel sestiere di Castello e si estende lungo il bacino di San Marco nel tratto che va dal Ponte della Paglia sul rio di Palazzo, a ridosso del Palazzo Ducale fino al rio di Ca' di Dio. La riva prende il suo nome dai mercanti provenienti dalla Dalmazia (che ai tempi della Repubblica di Venezia era chiamata anche “Slavonia” o “Schiavonia”) che qui approdavano con le loro navi mercantili per esibire i loro stand commerciali. La riva infatti costituiva parte integrante del porto commerciale di Venezia e rivestiva una notevolissima importanza grazie alla sua prossimità con Piazza San Marco e con il centro del potere politico veneziano.
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La Riva dei Sette Martiri (già Riva dell'Impero) è una riva monumentale della città di Venezia. Ubicata nel sestiere di Castello, costeggia la parte del bacino di San Marco tra l'Arsenale e i Giardini della Biennale e costituisce il prolungamento della Riva degli Schiavoni e delle rive successive (Riva di Ca' di Dio e Riva di San Biagio). La riva venne costruita negli anni trenta del XX secolo, durante il ventennio fascista, con intenti celebrativi e prese il posto della lunga sequenza di “squeri” e cantieri navali che per secoli avevano operato nella zona e venne originariamente denominata Riva dell'Impero
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Il nome particolare di questa riva, che è detta “del carbon”, ci ricorda che proprio in questo luogo sorgevano un tempo numerosissime botteghe di carbonai, ancora esistenti fino a circa un secolo fa. Il traghetto in gondola che parte da questa riva mette in comunicazione il sestiere di San Marco (dalla parte della Riva del Carbon) con quello di San Polo, ed è particolarmente comodo per chi voglia evitare il "traffico" del ponte di Rialto e delle strade che vi conducono direttamente.
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Affacciandosi sulla attuale Riva del Ferro ci si trova di fronte l’opposta Riva del Vin, che anticamente, era chiamata Riva del Ferro (per la vendita del ferro che avveniva sotto il portico adiacente), ma poi questo nome passò ad identificare la riva destra del Canal Grande, dal lato del sestiere di San Marco. Anche questa, la nostra Riva del Ferro, aveva un altro nome prima della costruzione del Ponte di Rialto, era chiamata, infatti, Riva della Moneta, in quanto lì vicino si trovava l’antica Zecca.
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Questa zona era molto diversa nel XIX secolo, quando qui sorgevano i famosi granai di Venezia, che vennero abbattuti per dar spazio a nuove aree abitative dopo la caduta delle Repubblica. Il primo tempio è dell'XI secolo, poi vi furono varie ristrutturazioni, tra cui quella del 1332, quando qui sorsero i primi granai che fecero assumere al campo la forma che sarebbe diventata definitiva fino al XIX secolo. Essendo sorta molto vicina all'Arsenale di Venezia molti dei lavoratori greci la scelsero come loro parrocchia,
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Sant'Elena è un quartiere del centro storico di Venezia e ne rappresenta la porzione più orientale (prima di allora l'estremità orientale di Venezia era la Punta di Sant'Antonio, nei pressi degli attuali Giardini). Il toponimo un tempo si limitava all'isolotto dove sorge la chiesa di Sant'Elena perché gran parte della zona è di origine recente, essendo sorta attorno agli anni venti del XX secolo bonificando una sacca utilizzata per addestramenti militari e che incorporò nel tessuto urbano l'isola di Sant'Elena, prima di allora
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La ex Scuola dei Morti, piccolo e grazioso edificio del 1600, fu ricostruita dopo il bombardamento austriaco del 1849. Affacciata sul Canal Grande, tra palazzo Flangini e l'abside della chiesa di San Geremia, la facciata della piccola costruzione ad un piano reca al centro un teschio ed una iscrizione che ricordano l'appartenenza dell'edificio alla Congregazione della Santissima Madonna del Suffragio dei Morti. A tale Congregazione, nel 1624, fu accordato il permesso di tenere le adunanze e di celebrare le funzioni in una propria cappella (il decreto fu ufficializzato dal Senato nel 1659).
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Edificio anticamente affiancato al convento del Corpus Domini (soppresso quest’ultimo con i decreti napoleonici del 1810), molto probabilmente faceva parte delle molte confraternite, chiamate appunto “scuole”, presenti a Venezia. Della sua antica struttura non vi restano alcune tracce. La Scuola dei Nobili probabilmente faceva parte di quella serie di antiche istituzioni tipicamente veneziane a carattere associativo-corporativo. Le Scuole erano confraternite laiche (a Venezia le prime associazioni di lavoratori risalgono all'XI secolo) che eleggevano un santo protettore e alle quali aderivano cittadini di ceto medio. I patrizi aderivano solo alle Scuole Grandi.
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Nel centro dello scenario di Piazza San Marco visto dal bacino, sta la Torre dell’Orologio il cui sottoportico immette alle Mercerie e funge da maestoso ingresso alla Piazza. La Torre è in stile rinascimentale lombardesco e fu costruita su probabile progetto di Mauro Codussi fra il 1496 e il 1499. Nel 1755 furono aggiunte le colonne di sostegno per consolidare la struttura e i due corpi laterali, che furono sopraelevati oltre la terrazza ad opera di Giorgio Massari. La Torre è coronata dal celebre gruppo dei due Mori in bronzo che, con lunghi martelli, battono le ore sulla campana; furono fusi nel 1497 da Ambrogio delle Ancore. Il meccanismo dell’orologio, che a quei tempi fu considerato un prodigio, è opera di Paolo Ranieri di Reggio Emilia
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