Edificio gotico, databile attorno alla metà del XV secolo, con finestre molto allungate, ad archi inflessi trilobati e poggioli, ora in ferro, che formano al centro due quadrifore sovrapposte. È stato rimaneggiato nel XVIII secolo, soprattutto al pianterreno. Nel XV secolo, quando lo sfortunato ed eroico Antonio Da Lezze ritornò a Venezia, costretto ad abbandonare Scutari di cui era stato governatore, fu imprigionato, accusato di tradimento e bandito per dieci anni. Né giocò a suo favore il fatto che, data la immensa superiorità
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Bel palazzo rinascimentale, costruito dal 1536 al 1540 su progetto di Jacopo Sansovino. Adattando lo schema dei palazzi romani alla particolare situazione veneziana, l’architetto ha ideato una struttura imperniata su un cortile centrale, ingrigliando la tipica facciata a trittico - con le aperture addensate al centro - in un sistema rigoroso di ordini classici. Al pianterreno un poderoso portico ad arcate, con lesene doriche, si protende sulla fondamenta; mentre ai due piani superiori, sottolineati da poggioli continui, si susseguono semicolonne ioniche e composite. Il fregio sotto il cornicione è decorato con teste leonine.
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Davanti allo spettacolo di magnificenza che si osserva dal Bacino, è difficile immaginare che alle sue origini questa era una zona desolata e paludosa. Le suore del vicino monastero di San Zaccaria l’avevano bonificata durante i secoli e trasformata in un fertile orto solcato da un rio che scorreva proprio nel mezzo di quella che è ora la Piazza. Quando verso l’anno 810 i veneziani abbandonarono le terre troppo esposte di Malamocco e si rifugiarono nelle isole realtine, con il consenso della badessa essi fecero di quel luogo il nuovo centro politico della comunità. Alle monache fu concesso il privilegio di ricamare il copricapo a corno del doge e di offrirglielo una volta all’anno, quando egli si recava al monastero in visita di cortesia.
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Proprio alla confluenza tra il rio di Cannaregio e il Canal Grande spicca per il bel colore rosso tizianesco del suo intonaco. Ricostruito su preesistenti strutture, ha una gradevole facciata settecentesca, segnata da linee orizzontali continue in pietra d’Istria, con un largo portale eccentrico.
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Eretto nel XVII secolo, si caratterizza per la facciata a duplice orientamento che avanza al centro formando un angolo molto aperto. Nel settore di destra, sopra il portale, si apre una serliana affiancata a destra da due monofore ad arco entro cornice trabeata.
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Si affaccia con il suo bel prospetto gotico proprio in "curva de canal", immediatamente a fianco di Palazzo Contarini dalle Figure. Si sviluppa su di un piano terreno e due piani nobili, molto ben conservato, con il fronte tutto in mattoni, scandito dalle molte aperture tardogotiche (1470-80) impreziosite dai soliti stilemi: fioroni apicali, archi trilobati, cornici dentellate, elaborati capitelli con foglie d’acanto in doppia fila. Bella è soprattutto la quadrifora del primo piano con il balcone continuo in aggetto, sostenuto da mensole molto elaborate, agli angoli della cui balaustra (così come agli angoli delle balaustre dei balconcini delle due monofore più esterne)
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Sorge su di un suggestivo porticato a sei arcate che si snoda lungo il rio dei Santi Apostoli. L’edificio è antichissimo: la primitiva costruzione è dell’XI secolo, riedificata poi nel 1105 quando un incendio devastante distrusse tutta la zona, per essere poi ulteriormente rimaneggiata in epoche successive. La facciata presenta ancora elementi molto antichi quali le due quadrifore a peduccio rialzato (in stile veneto-bizantino) e lacerti architettonici e decorativi del XIII (due formelle e due patere) e del XV secolo (due scudi gotici). Il basso e tozzo palazzo è giustamente famoso perché è stato abitazione del doge Marin Falier
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Per chi, lungo il Canal Grande, si porta in direzione San Marco, dopo il grande Palazzo Pisani Gritti che oggi ospita il Gritti Palace Hotel, può notare due palazzi attigui, l’uno più grande, con facciata tipicamente rinascimentale, l’altro più piccolo, in forme gotiche, entrambi candidi nel loro intonaco, restaurati di recente, che sono oggi la sede del Consiglio regionale della Regione del Veneto e che spesso sono indicati col termine comune di Palazzo Ferro Fini. Come già detto, però, i palazzi sono due e, più correttamente, devono essere chiamati il primo Flangini Fini e il secondo Morosini Ferro Manolesso, due palazzi di epoche diverse e con storie completamente differenti.
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Esso consiste nei due terzi di un incompiuto edificio progettato probabilmente da Giuseppe Sardi nella seconda metà del XVII secolo, di chiara derivazione longheniana. Un doppio ordine di semicolonne ioniche e composite su alto basamento bugnato scandisce la facciata. Gli archi, sia del portale che delle finestre, sono decorati da poderose sculture. Si dice che il palazzo sia rimasto incompiuto perché uno dei due fratelli che l’ereditarono, per dispetto all’altro, fece distruggere l’ala di sua pertinenza, tagliandolo così a metà. La realtà, molto più semplice e prosaica, è che all’antico proprietario mancarono i fondi e che non riuscì ad acquistare l’area vicina necessaria al completamento.
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Questo grande palazzo intonacato di rosa, fatto costruire nei primi decenni del Seicento per conto della famiglia Fontana da un anonimo progettista si distingue proprio perchè, nonostante i tempi fossero già maturi per un’architettura barocca, venne realizzato secondo stilemi del tardo Rinascimento. In realtà alcuni critici attribuiscono il progetto, se non proprio a Jacopo Sansovino che al tempo era già morto, alla sua bottega che, viceversa, nei primi anni del XVII secolo era a Venezia ancora attiva e apprezzata. Naturalmente l’edificio non è privo di contaminazioni più tarde
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Affacciato sulla riva del Canal Grande, proprio all’angolo di confluenza col piccolo rio di Ca’ Garzoni. Si tratta di un grande palazzo gotico, costruito verso la metà del XV secolo, che ha subito, però, numerosi e pesanti rimaneggiamenti. Il prospetto sul canale è molto suggestivo, con un grande portale d’acqua rinascimentale chiuso da arco a tutto sesto con protome in chiave d’arco, due eleganti quadrifore archiacute tra coppie di monofore, con balcone continuo, sui due piani nobili
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Fu costruito attorno al 1776 (data incisa sulla facciata) dal pittore e architetto Antonio Visentini, il cui nome è principalmente legato alle famose incisioni delle vedute del Canaletto. Bella è la facciata, nella quale reminescenze palladiane sono avvertibili nel pianterreno dove un ordine di semicolonne doriche accoglie alternativamente nicchie con statue e portali arcuati, mentre la plasticità si attenua nei piani superiori percorsi da balconate, con eleganti riquadri e busti di terracotta all’ultimo piano, concluso da un abbaino.
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Giustiniano Martinioni, storico d’arte secentesco, parla del Palazzo Giustinian Lolin, sul Canal Grande, in termini entusiastici e lo definisce «grande, maestoso, ricco per marmi e ornato di molte bellezze». Esso risale al terzo decennio del Seicento, allorché Giovanni Lolin decise di intraprenderne una radicale ristrutturazione del precedente edificio in stile gotico risalente al Trecento. L’architetto incaricato sembra sia stato un giovane Baldassarre Longhena (la critica pensa sia una delle sue prime opere), che operò mantenendo alcune caratteristiche del precedente edificio (ad esempio l’ampiezza delle monofore e della polifora)
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Piccolo edificio gotico della metà del XV secolo, appartenuto in precedenza ai Giustinian. Trattasi di un bel palazzetto gotico, attualmente perfettamente restaurato, che ha subito, però, non poche manomissioni nel corso dei secoli. Si affaccia sulla riva sinistra del Canal Grande, immediatamente dopo la Ca’ d’Oro e presenta una facciata assolutamente asimmetrica dato che le due notevoli quadrifore, che lo rendono particolarmente interessante, sono tutte spostate sulla destra; a sinistra insistono, invece due monofore.
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Questa splendida dimora, iniziata attorno al 1748 da Giorgio Massari e finita dopo il 1766, è uno degli ultimi esempi di lussuosa casa patrizia prima, della caduta della Repubblica. Ricorda da vicino certe soluzioni architettoniche del sansoviniano palazzo Corner, pur essendo priva la facciata della vigorosa plasticità di quello. Sopra il basamento a bugnato, al centro del quale si apre un portico a serliana, si alzano due piani con finestre arcuate al primo e con frontoncini al secondo. Esse si addensano nel settore mediano ad illuminare i saloni, e sono scandite da lesene che nei settori laterali si accoppiano.
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Superbo edificio rinascimentale, opera di Michele Sanmicheli. Voluto da Giovanni Grimani sull’area di un vecchio stabile dei Contarini, esso fu iniziato nel 1556-1557 e venne concluso entro il 1575 sotto la direzione di Gian Giacomo dei Grigi. Sanmicheli si è qui rifatto esplicitamente alle fonti della romanità imperiale, applicando in modo spettacolare il tema dell’arco trionfale nel portico d’ingresso e raddoppiandolo verticalmente al centro dei piani superiori.
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Elegante palazzo costruito nel XVII secolo sull’area di uno più antico. La facciata è aperta al centro da due grandi pentafore balconate, affiancate da coppie di monofore. E’ stato ricostruito nelle forme che vediamo oggi nel XVII secolo su un preesistente edificio gotico. Il prospetto principale mostra due piani nobili con belle pentafore centrali con balcone e coppie di monofore ai lati (anch’esse con balconcino). Le finestre del primo piano sono leggermente più alte di quelle del secondo.
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Questo bel palazzo, la cui costruzione è collocabile tra il 1548 circa e il 1556, venne indicato da Francesco Sansovino come opera di Michele Sanmicheli, ma l’attribuzione non è accolta all’unanimità dagli studiosi. Si tratta di una nobile architettura con due balconi a quadrifora sovrapposti nel settore centrale, di cui quello al piano nobile è inquadrato da colonne doriche e affiancato da coppie di finestre sigillate da frontoncini curvi.
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Questo grandioso edificio, tra i più fastosi palazzi privati costruiti a Venezia nel Settecento, domina in modo davvero suggestivo e scenografico gran parte dell’area sita alla confluenza del rio di Cannaregio nel Canal Grande. Non si conosce con certezza l’autore del progetto, per il quale, infatti, si fanno i nomi di due architetti: Andrea Comincili e Alessandro Tremignon. In realtà sembra che il palazzo sia stato iniziato da Paolo Tremignon, figlio del più noto Alessandro e architetto anch’egli, e poi terminato dal Cominelli. Costruito secondo modi tardobarocchi durante la seconda metà del XVII secolo e giunto a definitivo compimento nella prima metà del XVIII secolo, è uno dei rari palazzi veneziani a tre facciate: una che guarda il Canal Grande, una che insiste su Campo San Geremia e infine una sul rio di Cannaregio, tutte rivestite da grossi blocchi di pietra d’Istria e adornate in modo davvero fastoso.
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L'imponente fabbricato fu eretto a partire dal 1908, alla sinistra della vecchia stazione ferroviaria poi demolita negli anni '50. Originariamente il fabbricato era più grande dell'attuale, ma nel 1935 l'ala sinistra fu abbattuta e ricostruita nella forma che vediamo oggi, sopraelevata su una terrazza. Per anni fu la sede del Dipartimento ferroviario con la sede di mensa e ad altri servizi del lavoratori del settore. Attualmente sono in corso dei lavori di ristrutturazione che prevedono una migliore organizzazione degli spazi, dei flussi di transito interni, il recupero e il restauro di alcuni elementi architettonici e in cui verranno ospitati diversi spazi commerciali.
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Questo palazzo è il risultato della ristrutturazione, avvenuta nel 1622 per i Malipiero, di un edificio gotico dei Cappello del quale rimangono alcune finestre e il portale della facciata sul campo di San Samuele. Lo stile è semplice, con l’asse principale, leggermente spostato a destra, caratterizzato dai portali gemini sui quali insistono le pentafore dei piani superiori. Alcuni elementi già barocchi, memori della lezione di Alessandro Vittoria, hanno fatto pensare ad un’opera giovanile di Baldassare Longhena. È allietato da uno splendido giardino.
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Fu costruito tra il XVII e l’inizio XVIII secolo. Al centro dei due piani nobili si apre una luminosa balconata a pentafora ad archi su snelle colonne. I due portoni d’ingresso e un sistema di scale indipendente per ciascun piano nobile indicano che il palazzo era probabilmente destinato a due nuclei familiari. Qui nacque nel 1686 il famoso compositore Benedetto Marcello e nel 1603 Lorenzo Marcello, audace capitano "da mar" che durante la guerra di Candia combattuta contro i turchi con la sua flotta bloccò lo stretto dei Dardanelli
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Costruito nel Settecento dai Memmo, che in quest’area possedevano un palazzo fin dal X secolo, esso presenta un’alta base a bugnato con l’asse principale spostato a sinistra e caratterizzato da un ampio portale e dalla soprastante finestra ornata di sculture e sigillata da un frontoncino curvo che si ripete nelle altre aperture del piano nobile. È stato interamente ricostruito nel Settecento e ulteriormente riadattato del XIX secolo. Ha la caratteristica di presentare la finestra maggiore e il portale d’acqua fortemente spostati sul lato sinistro. Cornici e fasce in pietra d’Istria si dispongono linearmente sulla facciata, sopra il bugnato, in modo da collegare i davanzali delle finestre, gli architravi e i livelli d’imposta dei solai.
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Dall’anonimo portale contrassegnato da questo numero civico si accede più propriamente a quello slanciato corpo di fabbrica, affacciato sul Canal Grande, appena prima dell’Hotel Regina, noto più semplicemente e propriamente come palazzo Gaggia, sorto sui resti di un antico edificio di scarso rilievo e ricostruito per conto della famiglia Gaggia nella seconda metà dell’Ottocento. Questo edificio è caratterizzato da quattro piani, con ridotte aperture sul piano terra, primo e secondo, mentre al terzo risalta una grande loggia finestrata.
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Edificio gotico deve la specificazione “del Brusà” si deve al devastante incendio, appiccato per la grave incuria di una fantesca, che nel 1774 lo distrusse quasi completamente. Venne ricostruito tre anni dopo, anche grazie a finanziamenti della Signoria elargiti per le pubbliche benemerenze di questa famiglia (nell’atrio resta la seguente iscrizione: quos ignis consumpsit patria mementa majorum nepotibus patrios lares restituit s.e. vidus ianuarij 1777, riutilizzando le poche parti sopravvissute, tra le quali, in facciata, le belle finestre gotiche del XV secolo, di forma archiacuta e molto allungate.
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Il suggestivo nome di questo sereno e composto edificio affacciato sul Canal Grande è dettato proprio dalla sua caratteristica principale, ossia la particolare struttura architettonica al piano terreno che presenta un portico lungo tutta la facciata costituito da colonne molto alte e unite fra loro da archi a tutto sesto con serliana centrale. Ciò rivela la pianta tipica della casa-fondaco bizantina, e quindi anche l’antica origine della fabbrica, poiché questa tipologia costruttiva era caratteristica proprio dei palazzi del XIII secolo.
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Ristrutturazione gotica, situabile verso la metà del XV secolo, di un precedente edificio venetobizantino del XII-XIII secolo, di cui conserva alcuni elementi originali, come la bella cornice a foglie d’acanto rovesciate. Al piano nobile si apre una trifora archiacuta affiancata da monofora. In seguito al matrimonio di Gregorio Barbarigo con la brillante e colta Caterina Sagredo, nel 1739, furono chiamati i più illustri artisti del momento tra cui il grande maestro Giambattista Tiepolo, Francesco Fontebasso, Mengozzi Colonna e Carpoforo Mazzetti per abbellire il palazzo, sia la parte bizantina, ex Minotto, sia quella seicentesca, ormai da tempo interamente unite.
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Grandioso insieme di quattro edifici contigui, appartenenti alla stessa famiglia. Il primo, detto “Casa nuova” dal ramo della famiglia, era in origine gotico ma venne ricostruito attorno al 1579 forse su progetto di Alessandro Vittoria, viste le analogie con palazzo Balbi. Conclude la serie la “Casa vecchia”, ristrutturazione eseguita nel 1623-1625 da Francesco Contin di una casa gotica della quale rimangono tracce all’interno. Numerosi e famosi personaggi furono ospitati in questi palazzi.
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Palazzo gotico, databile verso la metà del XV secolo, con sulla sinistra un’elegante pentafora riquadrata, ad archi rovesciati e rosoni, che illumina il salone al piano nobile, replicata in forme più semplici all’ultimo piano. Passò agli Erizzo nel 1650. Nel salone c’erano due belle tele seicentesche di Andrea Celesti illustranti le imprese eroiche di Paolo Erizzo, morto nel 1470. Insieme con due altri patrizi, Ludovico Calbo e Giovanni Condulmer, egli era responsabile della strategica fortezza di Negroponte, in Eubea, quando i turchi, in piena espansione aggressiva, l’assediarono. Egli respinse l’ultimatum, come i comandanti veneziani erano usi fare, ma la sproporzione delle truppe nemiche ebbe ragione della strenua e valorosa resistenza.
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Situato nella curva d’immissione in Canal Grande del rio della Maddalena, questa fabbrica seicentesca distende l’ampia facciata su due superfici convergenti. Presso lo spigolo, in corrispondenza dell’entrata d’acqua, si apre una serliana, le cui soprafinestre quadrate si ripetono nelle altre finestre del piano nobile, conferendo a esse una forma molto allungata. Prima di passare ai Querini appartenne all’antica famiglia dogale Molin, documentata prima dell’887 e inclusa nel Libro d’Oro alla Serrata del Gran Consiglio. Antichissime chiese vennero fondate da loro, come Sant’Agnese, edificata nel 905.
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